Presso il Municipio di Bioggio, PIFF ha deciso di esporre “quadri incorniciati”: occorre precisarlo, perché in una delle sue ultime esposizioni, capovolgendo le regole, ha presentato una serie di dipinti che invece di essere delimitati dalla cornice, stanno all’esterno, come se avessero deciso di evadere da uno spazio troppo angusto, fagocitando poi la stessa cornice rimasta vuota e atrofizzata. Parecchie tra le opere esposte riprendono i paesaggi del Mendrisiotto, un tema molto caro all’artista. Sono dipinti all’acquarello e collages, 60x80 cm, dal tratto personale e inconfondibile, privi di ogni retorica. Gli elementi che li compongono - tronchi d’albero, pali, ceppi di vigna e filari - scandiscono il ritmo creando un susseguirsi di arsi e tesi che richiamano la notazione musicale. Una sinfonia di colori raffinati - il marrone dei legni nelle sue infinite gradazioni, gli ocra della terra, i verdi delle colline e il viola-blu delle uve dentro ai tini - che si espandono sfumandosi uno nell’altro. È un mondo di solidità e di trasparenze, che emana forza e poesia insieme.
Ma poi, a turbare la quiete e la famigliarità dei luoghi, irrompono alcune opere che l’artista ha chiamato Exodus: si ispirano alle tragedie sul mare dei migranti. Le opere raccontano di moltitudini anonime, rappresentate da figurine umane standardizzate, di pochi centimetri, in materiale plastico. I corpi sembrano galleggiare inerti sulla superficie della tela creando l’effetto di un bassorilievo, un groviglio umano ricoperto da una densa coltre di colore: il nero della morte, il blu oltremare delle acque profonde che li inghiottono o il bianco che per molti popoli africani è il colore del lutto e del dolore.
PIFF conosce l’Africa, ma non solo: ha viaggiato in molti altri paesi alla ricerca di visioni inconsuete, di incontri e di nuove suggestioni in grado di stimolare e alimentare quello stato di grazia e quella voglia di fare che chiamiamo ispirazione. E ad ogni ritorno corrisponde, immancabilmente, un periodo fecondo: le terre laviche di Lanzarote – per esempio - o le barche, i villaggi e le sardine del Portogallo, la grandiosità del deserto di Atacama ... poi, ciclicamente, torna alle colline che stanno attorno al suo atelier ... Ma è irrequieto e curioso, PIFF, e anche quand’è a casa è sempre in movimento: muoversi, gli è necessario come l’aria.
Tra i compagni occasionali di viaggio, o di vagabondaggio, c’ è anche Bruno Soldini (1939) al quale PIFF, con un gesto di generosità, ha chiesto di esporre alcune opere accanto alle sue. Bruno ha tenuto la sua prima e unica esposizione nel 1961 a Lugano, al Bar Élite. Poi, dopo aver appreso una nuova professione, per quarant’anni ha lavorato come autore e regista di cinema e televisione alla TSI. A Bioggio espone alcune silografie giovanili (di quasi sessant’anni fa), schizzi, illustrazioni e dipinti recenti, eseguiti con tecniche varie, inclusa la fotografia. Si tratta di lavori molto eterogenei, in divenire, che cercano di riprendere un filo spezzettato, se non del tutto interrotto.
“L’arte - scrisse Leo Longanesi - è un appello al quale troppi rispondono senza essere stati chiamati”. Ma ciò che chiamiamo arte – ritiene Soldini - è anche un gioco individuale e sociale, che si può giocare per puro piacere, indipendentemente dagli esiti.