I Perlasca
È una mostra molto particolare quella che è stata inaugurata lo scorso 3 giugno nei consueti spazi della nostra Casa comunale. Particolare perché riassume l’estro, il talento e la bravura di un’intera famiglia di artisti: i Perlasca.
Più di un secolo fa migliaia di ticinesi lasciarono laghi, valli e montagne per cercare lavoro e fortuna all’estero. Questo valeva anche per gli artisti. Molti sono andati verso il cuore dell’Europa che prometteva lavoro: la vicina Francia, innanzitutto, ma anche la Germania e il Belgio. Per contro molti di noi, ticinesi di oggi, hanno tra gli avi della propria famiglia uno “zio d’America” che è partito alla ventura lasciando in patria molti affetti e casa. I ticinesi più temerari hanno attraversato l’oceano per sbarcare in quella che tutti immaginavano essere una terra paradisiaca. Anche se non sempre questi emigranti hanno trovato fortuna, la maggior parte ha portato con sé, assieme alla forza delle proprie braccia, anche la cultura, lo spirito e la lingua del nostro Ticino che ha trapiantato nella sua nuova patria. In questo contesto abbiamo avuto due generazioni della famiglia Perlasca-Caccia in Argentina e Uruguay. Prima (il bisnonno), Martino Perlasca e poi, con andata e ritorno in Sud America, (il nonno) Otto, con la moglie Maria Caccia (la nonna) e, successivamente, anche la famiglia con tre figli tra cui Pax Perlasca (la zia), detta Tota.
Visitando gli ormai rodati spazi della nostra Casa comunale, potrete quindi ammirare una serie di opere di:
MARTINO PERLASCA (1860-1899) Pittore di figura, realizzò un esiguo numero di opere. Dopo aver cominciato gli studi artistici nella città natale, si trasferì giovanissimo a Buenos Aires e quindi a Montevideo. Ha avuto molto successo dipingendo uomini politici e non solo, fra questi - si narra - anche di un ritratto a Giuseppe Verdi. Un'artista poliedrico. Fra le opere note si ricorda “Ritornerà?”, ceduto dagli eredi al Comune di Lugano. Martino Perlasca morì, a soli 39 anni, durante un suo ritorno a Morcote, ed ebbe tre figli: Pietro Rachele, e Otto che proseguì con passione sulle orme artistiche del padre.
OTTO PERLASCA (1891-1975) Nasce a Concordia nel 1891 e ad appena 8 anni lascia l'Argentina per il paese d'origine, a causa della prematura scomparsa del padre. Seguendo subito le orme di quest’ultimo abbraccia la professione artistica con notevole successo. All'accademia di Brera segue i corsi di pittura diplomandosi. In Ticino sposa la pittrice Maria Caccia. Nel 1915, in piena guerra mondiale, sono costretti a emigrare in Argentina, prendendo dimora a Buenos Aires. Aprono una modesta impresa per il restauro di affreschi. Dall'unione con Maria, a Buenos Aires, nacquero i figli Vincenzo (detto Tino), Martino e la figlia Maria Pax (detta Tota). Negli anni Trenta, durante la terribile recessione mondiale, ritornarono in Ticino, a Morcote dove li riabbraccia la zia Amalia Caccia, vero punto fermo e di riferimento della famiglia. Riprendono il loro antico atelier. Nel 1963 muore la moglie e Otto rimane solo con la sua immensa passione per la pittura, che continua fino alla morte, avvenuta nel luglio del 1975 a Morcote.
MARIA PAX PERLASCA, nata Caccia (1891-1963) Figlia di Emilio Caccia, Maria Pax è anche un'abile scultrice. Ne è una valida testimonianza la scultura in bronzo di oltre 3,5 metri della Madonna che schiaccia il serpente, in bellavista nel Comune di Flüeli-Ranft nel Canton Obvaldo e di cui una copia, sempre in bronzo, si può anche ammirare presso il Cimitero monumentale di Morcote, presso la tomba di famiglia. Maria, amante dei fiori e dei gatti, che considerava di nobili lineamenti, porta a Morcote un po’, se non tanta Argentina. Firmando l’ultimo quadro, un bouquet di fiori recisi (presente in questa rassegna), quasi come se avesse “ballato l’ultimo tango”, se ne va e in quel giorno nell’atelier, proveniente dal lago, svolazza lungamente, da quadro in quadro, una colomba.
PAX PATOCCHI (detta Tota), nata Perlasca (1920-2001) A scuola di scultura dalla madre, è una giovane poliedrica ed esuberante. È una tra le prime attrici della Radio Monteceneri e recita in parecchie commedie con la regia e/o la firma di Sergio Maspoli, pure di Morcote. Sposa in tarda età Pericle Patocchi, poeta e professore che è conosciuto per aver tradotto in francese le poesie del famoso poeta italiano Salvatore Quasimodo. Tota, rimasta vedova, a quasi sessant’anni si iscrive all’Università di Neuchâtel, città dove poi risiede sino alla morte.