La Gaia Gravità di Jürg Stamm
Graziano Martignoni[1]
Quale è il segreto racchiuso nel gesto pittorico di Jürg Stamm? Un gesto che sembra sorgere dal chiarore dell`alba, tenendo però gelosamente celata la sua voce più notturna. Un gesto che ci fa stare di fronte a ciò che non è ancora e nello stesso tempo è già , come se la gaia gravità , che appartiene a quel mondo e a quelle figure quasi umane e non ancora del tutto umane stesse per terminare. Figure sospese, come ballerine o acrobati sul filo del mondo, che temono e forse sanno di dover inarrestabilmente cadere. Vi è una sotterranea continuità tra il suo gesto pittorico e il gesto clinico di chi per lungo tempo si è occupato di dare realtà all`immaginario delle coppie nel desiderio di un figlio e di rendere a volte possibile l`impossibile. Siamo nel suo gesto clinico prima che le cose, anche quelle della biologia, siano veramente. Siamo nel suo gesto artistico in un mondo abitato da concrete immagini, da fantasmi, da figure incomplete, che si cercano per completarsi. Corpi e oggetti che si incontrano e si allontanano giocosamente, come in una danza dionisiaca, dentro un mondo di liquidità primigenia. Le opere di Stamm sono così come delle cartografie immaginifiche dell`immaginario e noi guardandole, abbagliati dall`energia luminosa che sprigionano, è come se fossimo bambini, che spiano dentro la camera dei genitori. Si svela così un erotismo dell` occhio, che coglie tutta la giocosa spensieratezza di quei corpi, che si scompongono e si ricompongono come se vivessero permanentemente dentro uno stato nascente. Le figure di quell`umanità non ancora del tutto umana sembra così volare, volteggiare in una sorta di “inframondo” tra la terra e il cielo, tra un prima dove tutto è ancora da farsi e un dopo in cui il peso della gravità dell`esistere e la cattura terrestre della realtà inizia a farsi sentire. Sembra infatti , guardando queste opere, di essere spettatori di ciò che precede il venire al mondo, quando tutto è già e non ancora. Là dove la gravità è come miracolosamente sospesa. Vi è come un arieggiare in quel mondo che sta tra i mondi e che ricorda il mundus imaginalis descritto da Henri Corbin, come un diverso ordine di realtà. Un ordine di realtà mediano liquido e fluttuante. Dietro queste immagini di fluida giocosità si cela però, appena sotto traccia, l`angoscia della gravità, quando i corpi iniziano a pesare attratti dalla terra materica del colore e dalla prigione della forma. L`opera pittorica di Jürg Stamm abita così la soglia e ci invita ad abitare la soglia. Sulla soglia ove incontrare gli ultimi fuochi e vivere le ultime fantasie e le ultime festose illusioni .Ma stare sulla soglia dell`inframondo, come scrive Claudio Tarditi, “significa mantenersi nell’apertura entro cui l’evento possibilizza le nostre possibilità”. Ecco che allora l`inarrestabile gesto creativo e generativo, che sentiamo muoversi sulle tele di Jürg Stamm, trova la sua epifania donandoci la possibilità di incontrare un’esperienza di inattesa meraviglia. Solo abitando la soglia “l’evento irrompe, ci coinvolge, ci sconvolge e scardina le nostre fragili categorie” e ci invita a pensare Altrove e Altrimenti. E` infatti sulla soglia che il gesto , la scrittura del colore e delle figure danzanti, diviene ospite e viandante di qualcosa da accogliere senza mai possedere (..).
Comano , 19 gennaio 2018
[1] Psichiatra, psicoanalista, professore al Dipartimemto di Economia aziendale , Sanità e Sociale della SUPSI ; vice direttore della Rivista per le Medical humanities
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